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Immagine del redattore Paola Annita Pagliari

“Costruisci il tuo impero”. Game over!



Non illudiamoci: siamo solo un bruttissimo gigantesco (o minuscolo?) videogioco nelle mani di un pessimo giocatore. Una sorta di Kim Jong-un che sta giocando a una cosa tipo “Costruisci il tuo impero” con noi.

Ha piazzato inizialmente un paio di grossi scimmiottoni, pressoché identici che passavano il tempo a prendersi a botte, su un terreno senza nulla. Una cosa tutto sommato alla fine noiosa. Per rendere il gioco più interessante, ha cercato allora di differenziarli in qualche modo. Non stiamo a dilungarci sul come, ma da quel momento il tutto si è fatto decisamente più interessante e, non si è capito bene come, i personaggi sono improvvisamente diventati molti di più.

Occorreva allora creare loro dei ripari: inizialmente capanne, poi costruzioni via via più complesse e far sì che non morissero di stenti.

Intorno era però tutto molto spoglio, allora il nostro inesperto giocatore mise delle cose che definì “bestiole e piante”, tanto per farli divertire un po’ e per fornirgli nutrimento, ma i suoi personaggi ne sembravano infastiditi e finivano per eliminare tutto.

Avevano anche necessità di comunicare: li dotò allora di qualcosa su cui potessero tracciare dei segni, usando magari piante ed animali, da cui erano circondati.

Alla lunga però questi “abbellimenti” toglievano spazio ed energie agli abitanti della sua “creatura”, del suo regno magnifico. Forse era meglio eliminarle completamente e lasciare tutto lo spazio per i suoi protagonisti, che nel frattempo erano diventati tantissimi, avevano preso sembianze diverse tra loro e parevano terribilmente litigiosi.

Decise allora il nostro fantasioso giocatore di immettere nel gioco delle sostanze che potessero tenere a bada i suoi protagonisti, senza più il bisogno di tener dietro a piante ed animali. Si poteva fare tutto in costruzioni che decise di chiamare “laboratori”.

All’inizio tutto funzionava bene: i personaggi erano contenti e facevano un sacco di azioni. Il gioco era diventato davvero bello. Dai “laboratori” usciva veramente di tutto.

Anche il loro modo di comunicare era radicalmente cambiato. Avveniva tutto semplicemente col pensiero, solo che ormai, i suoi protagonisti non sapevano pensare a nulla, tranne che a procurarsi quelle strane sostanze che uscivano dai “laboratori”. Ma non era neanche rimasto più nessuno che sapesse come farli andare…

Ad un certo punto il gioco divenne praticamente impossibile da gestire: le sue creature compivano azioni autodistruttive, si eliminavano uno con l’altro e finivano pure col distruggere tutto ciò che avevano costruito, senza sapere come e dove eliminare ciò che non serviva più.

Il suo regno, che doveva essere secondo i suoi piani, fantastico, finì per essere un’enorme distesa di cose che denominò “rifiuti”, dove i suoi personaggi, che aveva chiamato affettuosamente “omini”, venivano inghiottiti.

Alla fine, deluso, il nostro imprudente giocatore decise che era meglio eliminare tutto, lasciar perdere e tornare ad altre più sane occupazioni.

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