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Immagine del redattore Paola Annita Pagliari

Divertirsi prima del Coronavirus...

Se scorriamo la cronaca nera di qualche tempo fa, troviamo un’impressionante fila di morti che riguardano ragazzi molto giovani, talvolta proprio ragazzini, se non bambini.

Cominciando da strane cadute accidentali dalla finestra della propria camera, o di palazzi come avvenuto in questi due casi, avvenuti entrambi a Milano.

-“Perde l'equilibrio e cade dalla finestra al sesto piano: morto un 29enne. E' precipitato dal suo appartamento a Milano”.

l giovane, stando a quanto riportato dalle cronache, era da poche ore rientrato da un viaggio in Thailandia e il giorno successivo sarebbe dovuto andare al lavoro. Dopo aver avvisato amici e parenti del rientro a casa, il 29enne ha aperto una finestra del suo appartamento al sesto piano di un palazzo a Milano. Non si sa cosa sia accaduto esattamente, ma a quanto risulta si sarebbe sporto e avrebbe perso l'equilibrio, precipitando. Perché si sarebbe sporto? Le cronache non riferiscono altro.

Archiviamo questo caso come tragica fatalità?

-“Ragazzo precipita da un palazzo in San Babila, morto sul colpo ragazzo di 29 anni. Il dramma poco dopo le 13 di lunedì. Si ipotizza il gesto volontario”.

Il fatto si è consumato all'angolo tra via Durini e via Borgogna, dove si trova il famoso "Bryan & Barry building", il centro commerciale "verticale" che si sviluppa su dodici piani.

Il 29enne sarebbe caduto da un'altezza molto elevata, sembrerebbe dal nono piano.

Anche per questa vicenda non sono state spese altre righe. Ma davvero cos’ha spinto questi due giovani, della stessa età, a morire così? Probabilmente non lo sapremo mai e passeremo al prossimo caso.



Poi vi sono i ragazzini che si impiccano, forse seguendo quella che viene ormai chiamata “sfida del blackout”.

«Gli avevamo parlato di alcool, droga, motorini, salti pericolosi e tutto ciò che conoscevamo. Ma di questo no, era proprio fuori dalla nostra immaginazione».

Si esprimeva così il papà il cui figlio è morto impiccato lo scorso 6 settembre nella sua cameretta, soffocato con una corda da roccia, in un appartamento della prima periferia di Milano.

La Procura ha disposto l’oscuramento dei siti, mediante lo strumento dell’ “ordine di inibitoria” agli Internet service provider, unico, ultimo e necessario strumento di contrasto alla diffusione in rete del materiale relativo alla sfida del blackout.

La procura, insieme al sequestro preventivo d’urgenza dei siti e la contestuale deindicizzazione degli stessi dai motori di ricerca Google e Microsoft, chiede anche il blocco dei domini internet a tutti coloro che chiedono la connessione con conseguente inibizione dell’accesso a tali siti.

Nel provvedimento della procura si legge anche: «Si tratta di capire chi vi sia dietro questo macabro gioco e, soprattutto, se sia stato indotto psicologicamente o obbligato a compiere tale gesto estremo da parte di qualcuno». I pm spiegano anche che «di questa pratica assurda si era iniziato a parlare a febbraio, quando un altro 14enne venne trovato in fin di vita a Tivoli, strangolato dal cavo della sua Playstation, poi morto qualche giorno dopo all'ospedale Gemelli»

Il padre del ragazzino romano infatti aveva raccontato agli investigatori che qualche giorno prima dell’incidente, il figlio gli aveva mostrato un video di questo gioco, che è una folle moda in voga tra gli adolescenti. Per gli amici, il ragazzo non era il tipo da lasciarsi coinvolgere. Eppure…

E, infine, vi sono quelli che entrano nei cantieri o si recano sui tetti di centri commerciali per farsi un selfie o mostrare agli amici le proprie abilità.



-“Entrano per gioco nel cantiere: ragazzo di 13 anni muore schiacciato dal muletto”.

A Venezia, infatti, pochi giorni fa un ragazzo è morto schiacciato da un muletto custodito all'interno dell'area di commercio edile “Boscolo Bielo”. Il ragazzo, insieme al fratellastro di 14 anni, figlio dell'attuale compagno della madre, si era introdotto “per gioco”, sottolineavano i giornali, all'interno dell'attività commerciale, che era chiusa. Lì i due avrebbero deciso di "provare" un muletto, che però si è rovesciato, schiacciando il 13enne.

I due ragazzini si sarebbero introdotti nel cantiere, che era chiuso, forzando un tratto di recinzione. Quindi per gioco si sarebbero impossessati del muletto di grandi dimensioni per "correre" nello spazio aperto dell'impresa edile. Proprio una manovra azzardata ha provocato il rovesciamento del mezzo.

I familiari del ragazzino raccontano che era appassionato di parkour e che era la seconda volta che l'adolescente si introduceva nel deposito del cantiere Boscolo Bielo alla Marittima di Venezia. Secondo fonti investigative, il ragazzino avrebbe trovato le chiavi del muletto nel cassetto del mezzo. Colpa di chi ve le aveva lasciate? La vittima avrebbe scavalcato la recinzione proprio per far vedere all'amico che sapeva compiere le evoluzioni col muletto: forse la pavimentazione sconnessa o una manovra azzardata hanno fatto rovesciare il mezzo e il giovane è morto schiacciato. Colpa della pavimentazione sconnessa?

Per i familiari, soprattutto colpa della recinzione non sufficientemente alta.

- 15enne morto dopo essere precipitato dal tetto del centro commerciale Sarca a Sesto San Giovanni (Milano), sul quale era salito per scattare un selfie.

il padre: «Il condotto in cui è precipitato era senza protezioni. La sua è stata una caduta libera per decine di metri, senza nemmeno che ci fossero delle grate intermedie. Mio figlio non ha scavalcato muri o cancellate, nessuno della sicurezza gli ha impedito di salire sul tetto e non c'erano grate a coprire il condotto in cui è caduto. Aveva tanta voglia di vivere. Giocava come centrocampista nel Bresso, era il capitano della squadra. Andava a scuola alla Montale, istituto tecnico, faceva il secondo anno. Aveva tanti amici, la fidanzatina... Gli piaceva giocare a pallone, era un ragazzino come tanti».

Parlando poi dell'accaduto, il padre afferma: «Sono andato a vedere. Mio figlio non ha forzato porte per salire su quel tetto. Ha preso l'ascensore o la scala mobile fino all'ultimo piano dove c'è un parcheggio. E' passato attraverso una porta aperta, ha salito tre gradini di metallo e poi altri tre fino al terrazzo. Non c'era nessuno della sicurezza che glielo impedisse. Se ci fossero state le grate intermedie di protezione, mio figlio non si sarebbe sfracellato».

Colpa degli addetti alla sicurezza e della mancanza delle grate intermedie di protezione. C’è sempre un colpevole.

Il ragazzino amava i giochi estremi? Non sia mai.

«Non è vero che mio figlio facesse quei giochi lì», ha infatti sottolineato l'uomo commentando una foto, pubblicata dal figlio sui social con la didascalia "La morte non mi fa paura, la guardo in faccia", in cui si trovava vicino al cornicione di un palazzo. «Quella è una foto di un paio di anni fa. L'ha scattata assieme a un amico sul terrazzo di un centro commerciale vicino a dove abitiamo. Era il luogo dove si trovava con la sua compagnia. Se uno andasse dall'altra parte vedrebbe che un paio di metri sotto c'è un grande balcone».

Tutto regolare, quindi. Oggigiorno i giovani si ritrovano sui tetti dei centri commerciali, mica in piazza!

I gli amici cosa dicono?

«Stavamo camminando, e non l'abbiamo più visto. Abbiamo provato a chiamarlo al cellulare, ma non rispondeva».

Da quanto si è potuto ricostruire, il gruppo di ragazzi nel pomeriggio erano andati allo stadio a vedere la partita dell'Inter, poi erano al multisala del megastore. Quindi avevano deciso di salire sul tetto. Tutto normale…Si sono sporti, forse, per riuscire vedere un concerto che, stando a quanto riferito, si stava svolgendo nel locale all'aperto adiacente al centro commerciale. Il vuoto del grosso tubo della condotta non era visibile al buio, ed è lì che il giovane è precipitato: in uno spazio largo circa 1 metro e quaranta.

In un primo momento si era ipotizzata anche un’altra versione che avrebbe immediatamente inguaiato un vigilante, al contrario, non ci sarebbe stato nessun inseguimento, né il tentativo di scappare. Il ragazzo è caduto dall'imboccatura del grosso tubo finendo al secondo piano sotterraneo dello stabile. Nessuna grata di protezione, ma solo un piccolo parapetto che non gli ha impedito di scavalcare e finire di sotto.

Un gruppo di "bravi ragazzi" che non avevano né bevuto né fumato. Gli amici, quando si sono accorti di quello che era accaduto, hanno chiamato il personale del centro commerciale per chiedere aiuto.

Fermo restando l’ovvio dispiacere per tante giovani vite così tragicamente finite, qualche considerazione, però, mi sento di farla.

Innanzitutto l’eccessiva “indulgenza” con cui soprattutto questi ultimi due avvenimenti sono stati trattati. I vocaboli usati nei vari articoli di giornale, o servizi televisivi, sono sempre in termini di “bravata”, “leggerezza”, “voglia di immortalare un'impresa”. Massì, buttiamola tutta in gioco, in divertimento, in caciara, in non responsabilità dei giovani, come pure degli adulti. Mai una volta che i genitori si facciano un esame di coscienza, mai. E’ sempre colpa/responsabilità di qualcun/qualcosa altro.

Poi la costante ricerca da parte dei familiari, soprattutto i padri (che sono comunque quelli che hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche), di un colpevole, per scusare il comportamento assolutamente irresponsabile dei figli, che, se non fossero morti, immagino avrebbero ricevuto forse sì e no una breve ramanzina.

Infatti, nel caso del 13enne morto schiacciato da un muletto a Venezia, il padre ha sostenuto che la cancellata non era sufficientemente alta. Poco importa che il ragazzo si fosse introdotto in una proprietà privata, senza averne titolo, e si fosse impossessato, altrettanto illecitamente, di un mezzo non suo, senza avere documenti per guidarlo. Ciò che conta è che la cancellata era troppo bassa. Ma quanto doveva essere alta? Fino al cielo? No, perché mi viene il sospetto che la sfida poi potrebbe diventare proprio: scavalca la cancellata più alta. Mai mettere limiti alla fantasia perversa di questi figli del nulla assoluto.

Terminerei con una perla sentita un paio di giorni fa, a proposito del Liceo scientifico San Benedetto di Piacenza, prima scuola in Italia ad adottare un sistema molto semplice quanto innovativo che impedirà l'uso degli smartphone durante lo svolgimento delle attività scolastiche, ricreazione compresa.



L'utilizzo del cellulare durante le ore di studio, nonché i potenziali danni alla salute causati dalla continua esposizione alle radiazioni, sono fonte di annosi dibattiti. L'uso da parte degli insegnanti durante le lezioni è vietato già dal 1998, pena sanzioni e provvedimenti, mentre nel 2007 il ministro dell'Istruzione dispone una direttiva che estende, per fortuna, il divieto anche agli alunni.

Ma la direttiva ministeriale è stata "mal recepita", per così dire, dagli studenti italiani, che hanno, almeno finora, continuato a farne uso smodato anche a lezione. Ora, però, è arrivata “Yondr”, una speciale custodia che, grazie a un innovativo sistema statunitense, è in grado di schermare totalmente gli smartphone. A ogni studente viene consegnata una tasca che, dopo essere stata sigillata con un sistema di chiusura brevettato, può essere aperta solo tramite un apposita base di sbloccaggio, in possesso dei soli docenti. I tanto amati telefonini rimangono quindi in mano agli studenti, ma possono essere sbloccati solo dagli insegnanti al termine delle attività scolastiche.

Un commento, tra i tanti molto simili? Eccovelo servito: «Io passo tutto il giorno sul telefono (sì, ha detto esattamente così. n.d.r.), quindi stare senza telefonino per 6 ore è un po’ difficile. Senza non so come distrarmi durante le ore di lezione».

Distrarti durante le ore di lezione? Ma sinceramente, ti darei anche 5 legnate sui denti, guarda.

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