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Immagine del redattore Paola Annita Pagliari

Il mostro perfetto. (La strage di Caselle Torinese)

Il pomeriggio del 3 gennaio del 2014 in pochi minuti a Caselle Torinese viene sterminata un’intera famiglia: Claudio Allione, 66 anni, la moglie Mariangela Greggio, di 65 e l’anziana madre di lei, la 93enne Emilia Campo Dall’Orto. A salvarsi è solo il figlio di Claudio e Mariangela, Maurizio che quel giorno era in Valle d’Aosta con la fidanzata Milena e con una coppia di loro amici. Condannati all’ergastolo una coppia di mezz’età. Motivo? La donna, che aveva fatto da badante alla famiglia Allione, era stata licenziata. E voleva la sua vendetta. Ma all’inizio i giornali avevano imboccato la pista sbagliata. Andiamo con ordine e ripercorriamo le tappe di questa vicenda.



La scoperta dei corpi

La mattina del 5 gennaio 2014 Caselle Torinese, poco più di 18mila abitanti, si sveglia in un incubo: tre pensionati vengono trovati morti nella loro villetta fuori dal centro. Si tratta di Claudio Allione, ex dipendente della Sagat, la società che gestisce l’aeroporto, la moglie Maria Angela Greggio, ex insegnante, entrambi ritrovati nel corridoio al primo piano, la madre di quest’ultima Emilia Campo Dall’Orto, rinvenuta riversa davanti alla propria camera da letto al pianterreno. Ammazzati a coltellate. L’ipotesi di un omicidio-suicidio viene scartata subito, perché l’arma del delitto non c’è. Ma, scrivono l’indomani i quotidiani, qualcosa non va: non si vede sangue nell’alloggio e neppure sui cadaveri, come se qualcuno avesse ripulito. Tanto che all’inizio si pensava a una morte per una fuga di monossido di carbonio.



E poi i due cani della coppia erano rinchiusi nel sottoscala. Chi ha commesso la strage conosceva le vittime ed era conosciuto anche dai cani, al punto magari di poterli rinchiudere, per non farli abbaiare? O erano stati gli stessi padroni di casa a rinchiuderli, sapendo che l’ospite ne aveva paura?

I due pastori tedeschi, ritrovati dai carabinieri chiusi in un sottoscala, non vengono sentiti mai abbaiare dai vicini, nonostante la loro conosciuta aggressività.

I carabinieri e il pubblico ministero Fabio Scevola ascoltano a lungo il figlio della coppia uccisa. E insieme a lui la fidanzata e l'amico al quale si era rivolto.

Sbatti il mostro in prima pagina

L’allarme ai carabinieri lo da proprio Maurizio Allione, 29 anni, figlio di Claudio e Mariangela.

Era via in vacanza, ma da un paio di giorni non riusciva a mettersi in contatto con i familiari. Inoltre una vicina di casa lo avvisa dicendogli che il garage della villetta era stato lasciato aperto, diversamente dal solito.

Maurizio, che non abita coi genitori, chiede così ad un amico di dare un’occhiata in attesa del suo arrivo. L’amico scavalca il cancello, passa per la rimessa e vede lo scempio. Maurizio viene sentito a lungo insieme alla fidanzata Mariangela. Gli inquirenti devono sapere chi sono amici e conoscenti della sua famiglia, devono tentare di ricostruirne le ultime ore. Lavorano in silenzio. Invece strillano i giornalisti che focalizzano l’attenzione proprio su quel figlio strano che conosceva la casa, i cani e non viveva lì.

Maurizio Allione viene a lungo sentito in caserma con la fidanzata per essere interrogato nuovamente dal pm Fabio Scevola.

Racconta della tranquilla serata di venerdì, il viaggio in val d'Aosta, la visita al Forte di Bard, la notte in un vicino bed&breakfast. Ma è preoccupato, perché i telefoni dei genitori squillano a vuoto. Poi, domenica mattina, la fine dei dubbi. L’amico gli racconta in diretta l’orrore: «Mi raccontava al telefono quel che vedeva. Poi mi ha detto: "Li ho trovati". Gli ho chiesto se erano vivi e lui mi ha risposto di no. Allora sono scoppiato a piangere».



LA GITA IN VAL D'AOSTA

«Ne avevamo cominciato a parlarne il pomeriggio di venerdì con i nostri amici, Sonia e Christian. Avevano proposto loro di andare ad Aosta il giorno dopo. Io e la mia fidanzata Milena eravamo d'accordo. La sera, dopo cena, ha chiamato il mio amico Andrea che suona con me nel gruppo musicale di cui sono il batterista. Voleva che andassi da lui a vedere del materiale filmato dei concerti. La mia fidanzata ha preferito rimanere a casa. Sono andato da solo da Andrea, che abita vicino al centro di Torino. C'erano anche altri amici. Sono rientrato a casa alle due e mezza. La mattina dopo, alle 10 e un quarto, siamo partiti insieme a Sonia e Christian per la valle d'Aosta. Al Forte di Bard ci siamo fermati per visitare il museo e le prigioni. Ecco i quattro biglietti di ingresso. Già in quella occasione, era sabato mattina, ho cercato di mettermi in contatto con i miei genitori, ma i telefoni squillavano a vuoto. Alla sera siamo andati a cenare in un ristorante di Arnad, un paese vicino. E la notte siamo andati a dormire in un bed&breakfast di Hone. La domenica mattina, di ritorno dalla valle, ho chiamato la vicina di casa e lei mi ha detto che già il giorno prima aveva provato a suonare alla porta dei miei genitori senza ottenere risposta. Allora ho avvisato i carabinieri. Poi ho chiesto al mio amico Andrea Pagano, che abita lì vicino, di farmi questo favore, di andare a casa dei miei scavalcare il cancello e dirmi che cosa vedeva. Lui così ha fatto e ha trovato i corpi».

INIZIA L’ACCANIMENTO MEDIATICO

L’assassino perfetto c’era: il figlio disoccupato della coppia. I media non si fanno scappare la ghiotta occasione. Ne sanno più loro degli inquirenti.

“Strage Caselle: parla Maurizio Allione, il figlio delle vittime”

“Piange e giura di non avere paura a dire la verità. «Non so cosa sia successo ma non sono stato io. Con i miei andavo d’accordo, non è vero che eravamo in cattivi rapporti, erano solo un po’ preoccupati per il lavoro che non avevo» ha ripetuto quasi ossessivamente ai magistrati che ieri lo hanno ascoltato per quasi tredici ore".

Erano di questo tenore gli articoli che andavano per la maggiore. Insinuazioni buttate là.

A parte lui, chi altro poteva avere un movente per un omicidio tanto feroce?

Maurizio ricorda e fornisce agli investigatori lo spunto per andare nella giusta direzione: «Mesi fa un vicino impresario aveva eseguito dei lavori in casa nostra e pretendeva più soldi del dovuto. Sono andato con mia madre da un amico architetto che le ha consigliato di non pagare l'ultima fattura e di far fare una perizia. E' una storia di qualche mese fa».

Magari problemi con i vicini di casa? «Ce n'è uno che ha litigato con mia madre. L'ha insultata. Lei lo ha portato in tribunale. Ma lui ha pagato 200 euro e le ha chiesto scusa scrivendo una lettera. Mia madre sospettava anche che lui avesse tentato di bruciare una serra del giardino e ne avesse distrutta un'altra».

Infine il recente allontanamento della signora delle pulizie: «Milena mi ha raccontato che mia madre aveva allontanato una signora delle pulizie, l'ultima. La mamma sospettava che avesse rubato una collanina».

LA STAMPA

Intanto, però, si leggevano questi titoli: “Strage di Caselle, svolta vicina. Il figlio interrogato di nuovo”.

Da un simile titolo cosa si può pensare?

Oppure: “Tre anziani uccisi a coltellate: sotto torchio il figlio della coppia e la ragazza”.

E articoli di questo tenore: “Interrogatorio fiume fino alle due di notte in caserma per Maurizio Allione, trentenne disoccupato figlio di Claudio Allione e Maria Angela Greggio, trovati uccisi a coltellate ieri insieme alla nonna materna 93enne, Emilia Campo dall’Orto nella loro villetta a Caselle Torinese. Un delitto orrendo, le tre persone sono state ritrovate martoriate di fendenti anche quando erano senza vita, in una esplosione di rabbia e di ferocia incontenibile. Era stato proprio il figlio di due coniugi uccisi ieri mattina a dare l’allarme e a chiamare i militari dopo aver fatto la tragica scoperta. I genitori non rispondevano al telefono e così ha chiesto a un vicino di andare a controllare. Il giovane, che allo stato risulterebbe senza un lavoro e in casa è stata ritrovata un certo quantitativo di marjuana, ha raccontato di aver sentito i suoi per l’ultima volta giovedì e di essere poi partito sabato mattina per la Val d’Aosta con la fidanzata. Preoccupato perché non riusciva a contattare i genitori, aveva telefonato ai vicini e poi chiesto all’amico di andare a controllare spiegandogli come entrare in casa e staccare l’allarme. E’ stato l’amico che ieri intorno all’ora di pranzo ha trovato i corpi e dato l’allarme”. Ancora una valanga di allusioni.

Eccoti confezionato il mostro, il tutto reso ancora più credibile da un altro “fatto strano”, perlomeno per i giornalisti.

Maurizio viene sentito, in qualità di teste, anche in merito al ritrovamento che egli stesso fa casualmente di alcune tazzine di caffè che sarebbero appartenute alla sua famiglia in una buca non distante dalla casa dei genitori. I carabinieri raccolgono e repertano le tazzine, senza clamori, ma la stampa si scatena, vedendo in questo “casuale” ritrovamento un chiaro indizio di colpevolezza.



L’ARRESTO DEI VERI MOSTRI

Il sistema da “sbatti il mostro in prima pagina” per fortuna viene stoppato stavolta in fretta dall’abilità con cui gli inquirenti lavorano al caso: l’8 gennaio viene infatti data la notizia di un fermo. Si tratta di Giorgio Palmieri, compagno dell’ex colf di famiglia, reo-confesso. Ha preso un caffè con gli Allione e quando era entrato in casa, i coniugi avevano chiuso nel sottoscala i due cani. Poi il raptus, almeno così dice all’inizio, compiuto con un tagliacarte perché non sapeva come restituire un piccolo prestito di 500 euro.

Ma se Maurizio può finalmente tirare un sospiro di sollievo e piangere in pace i suoi famigliari, qualcosa nel racconto di Palmieri non quadra. Dice: «Dallo scorso 1 gennaio sono andato via di casa e vivo come un barbone. Ho dormito alla stazione di Porta Nuova. Ho incrociato la mia convivente a casa, a Caselle, soltanto domenica 5 perché sono andato a fare la doccia e a cambiarmi. Lavoro saltuariamente per una ditta di Torino. Il responsabile mi chiama quando c’è bisogno di andare a installare le pompe di calore, mi paga 70 euro lordi al giorno, guadagno circa 4-500 euro al mese. Poi arrotondo raccogliendo cartone o ferro: 100-200 euro ogni due tre giorni». Dice di aver portato via 100 euro e di aver compreso subito di aver fatto «una stronzata». Quanto alla donna di 93 anni assassinata, l’ha coperta con un lenzuolo dopo averla uccisa: «Povera nonnina, lei non doveva morire». Con gli Allione, insieme alla compagna Dorotea De Pippo, aveva contratto un debito di 500 euro. Era nato tutto da lì. Ma una frase colpisce gli investigatori: «Premetto che ho fatto tutto da solo», che viene interpretata come un’excusatio non petita. Tutto da solo rispetto a chi? Chi altri avrebbe potuto esserci? Inoltre insospettisce la scelta di Palmieri di “andare a fare il barbone” poco prima della strage. E questa volta i sospetti sono fondati.

IL DIABOLICO PIANO

Dopo qualche giorno Palmieri cambia versione: il delitto sarebbe avvenuto non per rapina, ma per vendetta con un serramanico di 30 centimetri, perché Dorotea era stata licenziata dagli Allione. «Lei mi ha indotto a uccidere» accusa Palmieri.

Ed eccola tirata in ballo, la donna malefica, come si deve da copione delle coppie maledette. Quello scoperto accusa l’altro per alleviare la propria posizione. Da manuale. Infatti la donna, arrestata, nega, ma a suo carico c’è una telefonata agli Allione e l’uso di tre bancomat delle vittime.

UN’ATTRICE DA OSCAR

«Deve marcire in galera per quello che ha fatto». E ancora: «Voglio dimenticarlo, cancellarlo. Ha rovinato la mia vita e quella di mia figlia». Era l'8 gennaio e Dorotea De Pippo aveva appena saputo che il suo compagno era stato fermato dai carabinieri.

Ma la sua era soltanto una messa in scena, una recita ad uso e consumo delle tv e dei giornali.

Giorgio Palmieri aveva ammesso: «Sì, Dorotea era con me. Era lei a volerli morti per vendetta, soprattutto Mariangela, perché diceva che la maltrattava». Alla fine era anche stata licenziata. E infatti i due sarebbero andati a casa degli Allione una prima volta il 30 dicembre, ma in quell'occasione rinunciarono perché la signora Greggio non era in casa.

Ma anche le “migliori” commettono degli errori: nelle 24 ore successive alla strage, prima della scoperta dei corpi, Dorotea De Pippo aveva utilizzato le tre carte bancomat intestate alle vittime per fare la spesa e altri acquisti, spendendo circa tremila e 700 euro.

CAMBIA L’ORARIO DEI DELITTI

L'arresto di Dorotea De Pippo ridisegna i contorni del delitto.

L'omicidio sarebbe avvenuto almeno mezz'ora prima rispetto a quanto raccontato da Palmieri in un primo momento, ossia intorno alle 19 del 3 gennaio. I tabulati telefonici dicono che quel tardo pomeriggio la De Pippo parlò almeno due volte al telefono con Mariangela Greggio. Secondo gli inquirenti, quelle telefonate servirono alla donna per avvisare i coniugi Allione di una loro imminente visita con l'intenzione di saldare un debito. Palmieri e la compagna sarebbero quindi entrati insieme nella villetta di Caselle dopo aver nascosto in una borsa l'arma del delitto. Non ci sono elementi per sostenere che lei abbia inferto coltellate alle vittime, ma certamente era presente sulla scena del crimine.


SHOPPING SFRENATO

Una volta sterminata la famiglia Allione, i due conviventi arraffano il borsello al cui interno c'erano cento euro e le carte bancomat e, come se nulla fosse, vanno prima ad un bar di Caselle per farsi un corroborante caffè, quindi passano ad un bancomat per un primo prelievo di 100 euro e per avere la conferma che il codice pin, trovato nel borsello, fosse quello giusto. Quindi, a quel punto, vanno a fare una ricca spesa. Vogliono regalarsi una cena con i fiocchi e così comprano canolicchi, calamari, cozze e del buon vino per festeggiare quell'improvvisa ricchezza. Il giorno dopo, poi, la De Pippo si dà pure alla shopping sfrenato.

Dall'esame dei conti correnti è infatti emerso che i prelievi sarebbero iniziati la sera del 3 gennaio alle 19.30 e terminati alle 15.30 del 5 gennaio.

LE SCUSE DELLA STAMPA

Una volta trovato il VERO colpevole, dai a scuse, ad articoloni di chiedo venia. Ma perché non cogliere al volo una buona occasione per starsene zitti, almeno una volta? Invece no….Si scomoda pure il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino che critica duramente quei cronisti che avevano puntato il dito contro il figlio della coppia uccisa facendo chiare allusioni e riferimenti sulla sua presunta colpevolezza.

Scriveva sulla sua pagina Facebook: «Ora che l’autore ha confessato, vorrei sapere come si sentono quanti hanno pubblicato la foto del figlio di due delle vittime in un contesto pieno di allusioni che ha toccato, proprio stamattina, una vetta ineguagliabile: il richiamo a “zio Michele” (“zio” di chi?) che nella strage di Avetrana (Sarah Scazzi) “rinvenne” il cellulare della ragazzina che aveva assassinato. Il giovane aveva ritrovato e consegnato una tazzina, una caffettiera e un guanto in lattice, in una buca vicino casa, mentre portava a passeggio i suoi cani. Complimenti. Non solo ai carabinieri. E se provassimo a trarre un qualche insegnamento da episodi come questo, tentando di avere rispetto per le persone?».

La raccomandazione di Iacopino è rimasta lettera morta.

UNA VERA COPPIA DIABOLICA

Gli inquirenti: «Mai avuti sospetti sul figlio della coppia ammazzata».

Ricapitoliamo la vicenda e gli attori. Ci servirà per fare poi delle considerazioni conclusive.

LUI

Giorgio Palmieri, 56 anni, torinese, pregiudicato, convivente dell’ex domestica della famiglia sterminata.

La confessione dell’uomo fuga definitivamente i dubbi sul ruolo di Maurizio Allione, figlio e nipote delle tre vittime. Per la verità, gli inquirenti non avevano mai avuto dubbi sull’innocenza del ragazzo.

Durante il triplice delitto, l’uomo si è ferito all’avambraccio sinistro.

Palmieri inizialmente sostiene di avere agito da solo e che la compagna non sapeva nulla.

Questo momento ricorda un po’ il comportamento di Olindo Romano che, nelle prime dichiarazioni rese ai magistrati, si assume la colpa di tutto, scagionando completamente Rosa.

A incastrare l’uomo sono le celle telefoniche, che il giorno della strage hanno agganciato il suo cellulare alla zona in cui è avvenuto il delitto.

Il reo confesso ha inoltre raccontato che, dopo aver preso un caffè con le sue vittime, ha nascosto in un fosso vicino alla villetta sia gli oggetti rubati, sia la tazzina in cui aveva bevuto il caffè, sia un guanto di lattice usato durante l’assassinio. Ovvero tutto ciò che ha ritrovato a distanza di due giorni Maurizio Allione.

Successivamente, rivela che la “mente” di tutto è stata la compagna, presente anche sulla scena del crimine.

Da questo momento la versione dell’uomo non cambierà più.

Una perizia psichiatrica disposta dal gip Alessandra Danieli lo ritiene capace di intendere e di volere. Lui e la compagna devono rispondere del reato di strage, il primo come autore materiale, la seconda come istigatrice del massacro.

Giorgio viene condannato all’ergastolo con rito abbreviato. Al processo di Dorotea, racconta il aula: «Lei li odiava, ha premeditato tutto. Io non volevo ucciderli, avrei fatto solo la rapina senza fare male alle persone». E ancora: «Era un martello pneumatico, per mesi mi ha detto “sei un fallito, quelle persone devono morire”, ma io non volevo farlo». All’ergastolo finisce anche lei.

LEI

Il collegamento tra Palmieri e gli Allione è Dorotea De Pippo, la compagna del 56enne. La donna faceva le pulizie nella villetta dove è avvenuto l’assassinio fino ad alcuni mesi prima. Poi era stata licenziata, dopo cinque anni di rapporti lavorativi. E fin qui tutto normale. Sembrerebbe, tuttavia, che la colf avesse avuto alcuni dissidi con gli anziani, e che fosse sospettata di aver rubato una collanina.

IL FIGLIO

A raccontare agli investigatori l’episodio del presunto furto domestico e i rapporti della donna con le vittime, era stato proprio Maurizio Allione, che non ha mai lanciato accuse, ma si è limitato a riferire i fatti.

Era stata proprio la stessa Dorotea De Pippo, intervistata da un quotidiano, a riferire con incredibile scioltezza che i rapporti tra il giovane e i genitori erano buoni. «Maurizio è un ragazzo assolutamente normale. In questi giorni ho letto sui giornali e ho sentito in televisione tante cose che non sono vere. Che Maurizio non andava d’accordo con i genitori. Non è così. Io ho sempre visto gli Allione come una famiglia assolutamente normale e con il figlio i genitori potevano avere le discussioni che rientrano nella vita quotidiana. Niente di drammatico». Bontà sua.

Ed è Maurizio Allione, a dare il “fondamentale” contributo alle indagini, parola del tenente colonnello Domenico Mascoli, comandante del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Torino. «Grazie al sopralluogo del Ris siamo riusciti a restringere il campo, ma per individuare il responsabile è stato fondamentale l’aiuto del figlio delle vittime. Siamo partiti con un’attività serrata di indagine e siamo partiti da un sopralluogo molto attento con i Ris di Parma che ci ha permesso di restringere il campo a un certo novero di persone che potevano accedere alla famiglia e alla villa. E poi ci sono i testimoni, tra cui Maurizio Allione. Sentito ripetutamente e lungamente ci ha fornito molti elementi per arrivare alla soluzione del caso».

IL LUPO PERDE IL PELO, MA NON IL VIZIO

Nonostante le cantonate prese, ricordiamo quella eclatante per un’altra strage, quella famosissima di Erba, quando stampa e Procura indicarono con granitica fermezza Azouz Marzouk come l’autore dei 4 omicidi, salvo poi scoprire nel giro di poche ore che egli si trovava in Tunisia, i media si scatenarono contro il povero figlio Allioni, perfetto impersonatore del mostro. La goduria durò, però, poco, poiché gli inquirenti arrivarono ben presto ai veri autori del massacro, due personaggi che, fortunatamente per i media, rendevano con gli interessi il bisogno di “giustizia”: gli assassini erano la “coppia diabolica”, ovvero l’ex domestica ed il suo compagno.

Un delitto atroce, maturato per odio e vendetta.

A dicembre 2015 i giudici nelle motivazioni della condanna per Dorotea recepiscono le accuse dell’uomo e scrivono: «Dorotea, desiderosa di sfogare il profondo rancore che nutriva nei confronti dei coniugi Allione, con un’azione martellante fece insorgere in Palmieri la volontà di divenire lo strumento di tale intento di vendetta e mantenne in vita tale decisione, rafforzandola in modo crescente sino al momento in cui lo stesso Palmieri la incanalò nell’uccisione delle tre vittime», scrissero i giudici nella sentenza di primo grado, richiamata poi anche dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino.

A luglio del 2017 la Cassazione conferma l’ergastolo per Palmieri e la domestica De Pippo.

«Siamo molto soddisfatti – aveva commentato l’avvocato Stefano Castrale, per il figlio della coppia uccisa -. Questa sentenza dà parziale giustizia a Maurizio Allione e alla sua compagna Milena. Conforta vedere che l’impegno dei carabinieri, della procura e dei giudici torinesi abbia trovato pieno riscontro nella sentenza della Cassazione».

SILENZIO

Eppure, nonostante gli ingredienti, di questa orribile strage si è ben presto perso il ricordo, perlomeno quello mediatico. Forse per l’eccessiva vergogna da parte di chi scrive con troppa leggerezza? E dove sono gli psicolog/psicanal/psichiatr/criminol/sociol/vattelapescologo di turno?

E sì che qui di materiale ne abbiamo in abbondanza. C’è la classica coppia diabolica, con tutte le caratteristiche da manuale. Assassini assolutamente certi, senza ombra di dubbi. Allora perché non fioccano le analisi, come, invece, si sono davvero sprecate per i coniugi di Erba? Non vedo grande differenza tra le due vicende, a parte una importantissima, ma che non è il caso di analizzare qui, cioè l’innocenza dei Romano.

Non riesco davvero a trovare un valido motivo per questo disinteresse. Per una volta che tutti gli inquirenti hanno lavorato davvero bene, non si vuole dare un giusto risalto a questa storia? Forse perché i media ne escono a pezzi? Meglio continuare a scrivere imperterriti cavolate senza fondamento?

Davvero, non riesco a capacitarmene.

Ma non solo. C’era pure chi gettava qua e là delle ombre sinistre. Si leggeva, infatti, in un articolo: “Le indagini a Caselle sembrano essere state fatte in tempo record e hanno portato, a quanto pare, a un risultato, l’arresto del killer, piuttosto confortante. Ed è strano che adesso ci si aggrappi alla crisi, alla precarietà lavorativa e si metta in dubbio la legalità degli interrogatori (senza alcuna prova che sia stato violato un qualche diritto).”

Cioè: qualcuno ormai si era innamorato dell’idea del figlio assassino e non digeriva l’idea che potessero essere stati invece i due, apparentemente, normali, simili a tanti, amanti diabolici? Troppo dura da digerire? Forse…

Tutti troppo normali, di basso profilo, poco interessanti? Nessuno ricco, nessuno famoso? Il sospetto viene. E non posso non fare ancora dei paralleli con la strage di Erba. Là sì che c’erano le vittime ricche e famose: Raffaella Castagna, Paola Galli, Youssef Marzouk, appartenenti alla facoltosa famiglia dell’industriale dei mobili Carlo Castagna, ben radicato nel tessuto sociale, economico, politico e religioso di Erba. Qui no, vittime e carnefici banali, brave persone, cattive persone, persone con qualche ombra, inquirenti bravi, capaci, ma tutto sommato normali. Nulla per cui valga la pena sprecare, ora che è tutto chiarito, ulteriore inchiostro. Così vanno le cose. Una sola consolazione: le vittime, tutte, figlio compreso, hanno avuto giustizia.

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