“C’è chi perdona ma non dimentica, c’è chi dimentica, ma non perdona. Io non dimentico e non perdono”.
Così si legge, tra l’altro, sul suo profilo social. Poche frasi, secche, che non si prestano ad essere fraintese, com’è lui: classe 1947, di Ascoli Satriano, provincia di Foggia, uomo dall’apparenza quasi scontroso e di poche parole, ma dal cuore grande, pieno di dolore. Da anni vive a Cologno Monzese. Ha moglie ed altri due figli, oltre a Fabio, nato il 31 maggio del 1981.
E’ il padre che i figli dovrebbero e probabilmente vorrebbero avere: lavoratore, ma presente; presente, ma non opprimente, non opprimente, ma pronto a seguire il figlio; con ben chiari i valori da trasmettere, ma non lassista. Infatti si era accorto che qualcosa non andava in Fabio, qualcosa di cui neanche a scuola si erano resi conto, nonostante un tema il cui svolgimento avrebbe dovuto destare qualche allarme in un insegnate degno di tale nome. Ma così non è stato e l’importante segnale è passato sotto silenzio.
Il figlio Fabio, come molti altri suoi coetanei, o “amici”, aveva la passione per la musica metal e per il look che bisognava tenere per essere ben accetti in certi ambienti.
Fabio andava a scuola con buon profitto, suonava bene e voleva sfondare e papà Michele lo aiutava in ogni modo. Dopo la 3° media si era iscritto ad una scuola per grafici pubblicitari a Milano, ma la sua grande passione era la musica. Papà Michele lo asseconda facendogli prendere lezioni di chitarra, chitarra elettrica, basso e batteria.
Con un gruppo di amici più grandi nel 1995 fonda il gruppo “Infliction”, di cui era prima voce solista e bassista, poi batterista.
Fabio, come era moda in quel tempo, scriveva i testi delle canzoni in inglese, tranne una breve presentazione ai 4 brani contenuti in un demo: «Tutte le canzoni hanno un loro significato che alla fine si congiunge in un solo grande concetto: “Quanto sono reali i sogni e gli incubi”.
«Col mio gruppo voglio diventare famoso, girare il mondo. Siamo più bravi degli altri. Lo sento», confidava al papà.
«I patti tra noi erano chiari ˗ spiega Michele ˗ “Non giocarmi brutti scherzi. La scuola l’hai scelta tu, va bene, sei portato. Un bel diploma ti servirà”». Pragmatico.
I temi rivelatori, se solo fossero stati davvero interpretati.
Nei temi, dicevamo, emerge il suo interesse per qualcosa che potrebbe essere forse definito “occultismo”, ma sfido chiunque a dire che, alla stessa età, non ha mai provato la stessa attrazione per certi temi. E’ fisiologico.
«Sono stato rappresentante di classe per tre anni, ma mai nessun professore mi ha accennato alla cosa.»
Nel gennaio del 1997 viene assegnato il tema: «Analisi una canzone». Si direbbe proprio uno di quei temi che gli insegnanti assegnano apposta per cercare di comprendere meglio i propri alunni, invece no, sebbene Fabio avesse scelto una canzone di un gruppo metal estremo dal titolo che è tutto un programma: Dracul va domni din nou in Transilvania, in cui si narra nel principe Vlad.
Ancora più significativo un tema del 20 settembre: «Descrivi una persona interessante». E chi ti va a scegliere Fabio? George, il cantante dei Cannibal Corpse.
L’allarme, però, avrebbe dovuto scattare leggendo lo svolgimento della traccia: «Che senso ha per te scrivere? Consideri questo atto solo un dovere imposto in determina occasioni (i temi scolastici) o anche un piacere e un’esigenza personale?»
Svolgimento: «Mi piace parlare di sogni e naturalmente di incubi, del destino, della tristezza, di posti fantastici, mistici (come castelli, boschi abitati da strane creature). Io nei miei testi esprimo emozioni, fobie e lo faccio o cerco di farlo capire alla gente anche attraverso la musica. Io comunque non scrivo solo testi, mi piace scrivere molto anche racconti horror oppure mistici, astratti traendo ispirazione da scrittori come Stephen King, H.P. Lovecraft oppure Nietzsche che io personalmente reputo grandi scrittori. Sono sicuro che continuerò a scrivere fino a quando non morirò (magari in un’altra vita, sempre che ci sia). E’ una cosa che mi appassiona molto, anche se senza di essa riuscirei a vivere lo stesso».
Giudizio: «Contenuto semplice ma personale e scritto con forma suff. corretta». Insegnate bestia!
Nel 1996 inizia a frequentare il famigerato locale Midnight. Erano già apparsi sulla scena Pietro Guerrieri, Mario Maccione, Massimo Magni e Marco Zampollo, con cui aveva fondato gli Inverted crosss o Ferocity. Successivamente compare anche Paolo Leoni.
Inquietanti avvisaglie
La famiglia è comunque tranquilla, anche se iniziavano ad apparire dei preoccupanti segnali d’allarme: dei segni di bruciature di sigarette sul corpo di Fabio. «All’inizio dell’anno scolastico ’96-’97 mia moglie casualmente vede sulla sua spalla sinistra delle ferite con le croste che sembrano proprio morsi umani e bruciature di sigaretta, riscontrare anche dal nostro medico di famiglia. Fabio si giustificò dicendo che con gli amici erano stati insultati e la cosa era sfociata in rissa. Il gruppo di “amici”, cioè Maccione, Zampollo, Monterosso e Leoni confermarono la versione, di cui però non ero affatto convinto».
In terza media il ragazzo viene comunque promosso e Michele per premio gli regala un basso nuovo. E’ in questa occasione che conosce anche il perfido Nicola Sapone, a cui era stato prestato il vecchio basso di Fabio.
Il 1997 porta con sé lo strano episodio dell’auto incendiata di Guerrieri con dentro Fabio e Chiara Marino. A Michele viene data l’ennesima spiegazione tarocca che lui prende per buona. Chi non fa del male, non sa certo riconoscere il male negli altri.
«Ancora subentra la mia ingenuità. Ma mi chiedo come fosse possibile pensare che già esistesse un piano organizzato, programmato, dettagliato o qualcosa di simile. Anche gli inquirenti hanno sottovalutato la storia». Fosse la prima volta…
Sabato 17 gennaio.
Arriviamo a sabato 17 gennaio 1998. Al mattino a scuola sostiene brillantemente un’interrogazione. Papà Michele dopo pranzo era a casa, Fabio va a riposare per recuperare un po’ di sonno. A metà pomeriggio arrivano Maccione e Zampollo, parlottano con Fabio che poi si fa dare qualche soldo in più per poter mangiare fuori con gli amici. Esce verso le 16 con la tenuta d’ordinanza: maglietta nera, giubbetto nero di pelle tipo chiodo, pantaloni neri, anfibi.
E’ l’ultima volta che Michele lo vede, ma ancora non può saperlo.
Lo risente invece dopo le 18: Fabio lo chiama per dirgli che rimaneva fuori a mangiare. Pareva tutto normale.
E’ la telefonata successiva, invece, che poteva destare qualche perplessità. Parla con la mamma e le chiede il permesso per poter restare a dormire a casa di un’amica, Chiara, che sta a Corsico. La mamma nega il permesso e gli passa Michele. Non se ne parla proprio, si prende l’ultima metro e si torna a casa. Sono esattamente le 23-30, 23-40 del 17 gennaio 1998.
Michele, da padre attento qual è, sente subito che c’è qualcosa di strano: Fabio parlava in modo impastato, biascicava, con un tono di voce bassissimo, un filo di voce. Non era lui e non aveva mai chiesto di poter dormire fuori. «Di Chiara non sapevamo praticamente nulla. Fabio l’aveva nominata solo quando aveva raccontato la balla della rissa, per giustificare le ferite. Tra le sue carte non c’era nemmeno segnato né indirizzo, né numero di telefono. Altro che la sua fidanzatina, come in molti hanno scritto e detto».
Michele subodora l’inghippo, forse Fabio avrebbe fatto finta di perdere l’ultima metro, per avere la scusa per stare fuori. Decide quindi di andare a recuperarlo al Midnight. Nebbia fittissima in tangenziale, come solo un pessimo regista saprebbe immaginare per un film horror a basso costo, quindi impiega più tempo del previsto. Tantissima gente dentro e fuori il locale, almeno 200 persone. «A poca distanza dal pub vedo Ozzy e Magni poco distante. Monterosso era fuori. Guerrieri mi pare fosse fuori. C’era pure Zampollo. Ozzy mi venne incontro. Gli chiesi dove fosse Fabio. Mi disse che era poco prima era andato con Chiara a telefonare. Era la prima volta che entravo in quel locale: un teschio appeso, caraffe a forma di teschio, un altare, una gabbia illuminata con la figura di un demone che schiaccia un uomo. Orribile. Ozzy mi scortava. Non vidi Maccione, né Sapone. Girai anche un paio di altri locali, poi tornai lì. Ozzy, che non mi perdeva di vista un attimo, insinuò che forse Fabio e Chiara si erano imboscati da qualche parte. Mi diede il numero di casa della ragazza. Chiamai e mi rispose la madre. Non li aveva visti. Ozzy continuava ad insistere con la storia che era da Capodanno che a Fabio interessava Chiara. Ero quasi riuscito a tranquillizzarmi. Girai ancora un po’, quindi tornai a casa, deluso, ma speranzoso che Fabio avrebbe fatto ritorno l’indomani mattina». Abilissimi a depistare.
E’ però il sesto senso di una mamma a non sbagliare mai, nel bene e nel male. «Fabio non è tornato. Gli è successo qualcosa», disse domenica mattina a Michele. Anche i Marino erano sulle spine.
Michele chiama ad uno ad uno gli “amici” del figlio. Li trova tutti, tranne Andrea Bontade, quello che la sera del massacro non si era presentato. Non era la solita riunione della domenica pomeriggio. No, era la relazione dei presenti a coloro che non avevano partecipato, avendo da giocare altri ruoli, in quel film dell’orrore, diretto comunque, in un modo o nell’altro, dal Male.
Maccione aveva la mano ferita e anche a Papà Tollis raccontò la palla dell’auto che si era fermata e di lui che aveva cercato di ripararla con un cacciavite.
Lunedì 19 gennaio 1998 Michele Tollis fa la denuncia di scomparsa presso i Carabinieri di Cologno Monzese. I Marino presso quella di Corsico, secondo le proprie residenze.
Le indagini di un padre che non si rassegna
Papà Tollis inizia subito a trasformarsi in investigatore: telefona a tutti gli ospedali della zona e pure agli istituti di medicina legale. Torna al pub, non si da pace. Ed è sempre tallonato dagli “amici” di Fabio. Attaccati, onnipresenti, quasi a controllare, a spiare.
Viene allertata anche la polizia spagnola, poiché Chiara con la mamma avevano da poco passato le ferie vicino a Barcellona. E entra in pista anche Chi l’ha visto con una puntata andata in onda il 27 gennaio 1998 su iniziativa delle famiglie Marino/Tollis. A vedere la puntata dai Tollis tutta l’allegra diabolica brigata.
Arrivarono tre segnalazioni da Genova, da parte di due autisti di autobus e di una signora. Giuseppe, fratello di Fabio, decise di andare su posto. Vollero a tutti i costi accompagnarlo Maccione e Guerrieri. Ma che altruismo!
Fabio viene avvistato pure a Ventimiglia e si seguono anche altre piste.
Segnalazioni di persone, anche in perfetta buona fede, che però regalano solo false speranze e fanno perdere del tempo prezioso.
Papà Tollis di persona va a Genova diverse volte, gira la Liguria, smuove mari e monti, ma ogni volta è una delusione cocente.
Segue i metallari, va ai loro concerti, diventa un esperto. Vuole vederci chiaro dal di dentro. Si fa amico degli organizzatori, degli addetti alla security, come si usa dire adesso, degli attrezzisti, ma di Fabio nessuna traccia reale.
Serpeggia il satanismo
Ad un certo punto, però, dopo oltre un anno, si comincia a far strada l’ipotesi della setta satanica. E’ a casa dei Marino che qualcuno afferma che un amico di Chiara, tale Paolo Leoni, detto Ozzy, ha la stanza tutta dipinta di nero.
Intanto si prepara un’altra puntata di Chi l’ha visto. Si va al Midnight e si intervistano Ozzy, Guerrieri, Maccione, Magni. Emerge anche che a casa della signora Marino vi sono oggetti strani, contenuti in uno scatolone finito in cantina: candele, una finta zampa di caprone e delle foto bruciacchiate dello stesso animale, un grande telo con disegnata una stessa a cinque punte. Chiara, stando alle parole della mamma, voleva dipingere la stanza di nero e mettere un altare per la zampa e le foto del caprone. A posto. Proprio la stanza di una tenera adolescente.
Papà Tollis il giorno dopo corre dai Carabinieri per integrare la denuncia con queste nuove informazioni. Con molto realismo, Michele realizza che la faccenda del satanismo poteva anche avere un certo fondamento e si mette ancora ad indagare. Va a Corsico a parlare con i passanti e c’è chi qualche cosa la sa. Viene tirato in ballo Leoni padre, il vecchio satanista. La visita a casa di queste persone conferma i sospetti. Fabio allora potrebbe essere vivo e dentro in pieno in qualche comune satanista. Si riaccendono in qualche modo le speranze. Va bene anche un figlio “al diavolo”, purché sia vivo.
Il gruppo di “amici” intanto si fa più minaccioso: «Signor Tollis, lei ci sta rompendo le scatole. E’ ora di finirla. Ha rotto letteralmente le scatole perché ci sta rovinando la reputazione (sai che reputazionona! n.d.r.) a tutti quanti. Lei la deve finire di fare domande, di chiedere informazioni su di noi, di lanciare accuse. Perché potrebbe anche finire male».
Sapone: «Sì, perché io ho perso il posto di lavoro per questa brutta storia. Il mio principale mi ha licenziato quando ha saputo di questa faccenda in televisione. Come glielo dobbiamo dire che la deve smettere definitivamente?».
Tollis è proprio persona da lasciarsi intimorire da quattro cafoni: «Ragazzi, io non vi sto accusando di niente e non mi fate paura. Comunque sia, sappiate che io ripartirò sempre da qui e sempre da voi. L’ultima volta che sono stati visti Fabio e Chiara erano qui insieme a voi». E questo nessuno poteva smentirlo. La forza dei fatti. La debolezza delle parole vuote.
Durante uno dei suoi giri di investigazione, infiltrato da perfetto metallaro, Michele parla con qualcuno che gli accenna ad una setta esistita anni prima proprio a Corsico, poi, durante gli anni ’92,’93, era stata fatta una bella pulizia. Si trattava del Circus of Satan.
Verso la fine del 1998, a dicembre, un coetaneo di Fabio gli confessa di aver subito sevizie da parte del Leoni e dal gruppo di quella che era la setta satanica con a capo proprio Leoni. Graffi con le unghie, morsi, bruciature di sigaretta con gli accendini. Il tutto a scopo dimostrativo di supremazia o punitivi.
Forse ingenuamente, Michele parla di queste scoperte con le famiglie degli altri ragazzi. Corrado Leoni gli dà del matto. Proprio lui!
Intanto arriva un’altra segnalazione a Chi l’ha visto: una negoziante bolognese afferma di aver visto Fabio in compagnia di Marco Dimitri, il capo dei Bambini di Satana, altra bella compagnia di svitati.
Noi possiamo interrogarci all’infinito circa l’esistenza o meno di Satana e non riusciremo mai a darci una risposta certa. Ciò che invece sappiamo per sicuro è che esiste una quantità di gente imbecille che, in nome di Satana o simili suoi, ne combina di tutti i colori. Il diavolo non c’entra proprio nulla. Solo la malvagità umana.
E negare che possano esistere sette sataniche solo perché si è graniticamente convinti che satana non esiste è un grosso equivoco, nonché una comoda scusa per non indagare in ambiti che comunque mettono paura, perché sono pieni dei peggiori delinquenti.
Che satana esista o non esista è assolutamente irrilevante. Rilevanti sono le azioni che vengono commesse con lui come alibi, come copertura, come giustificazione.
Ad alimentare la convinzione che Fabio potesse essere finiti nelle reti di questi bei signori, contribuì anche la segnalazione di un’impiegata, sempre di Bologna, che assicurava d’aver visto sia Chiara che Fabio una decina di giorni prima in centro.
Michele in un attimo è a Bologna a verificare di persona. Pare davvero che sia la volta buona. Invece si trattava di Manuele Marini, allora devoto di Dimitri, ma che avrebbe poi fondato i Ribelli luciferiani. Somigliantissimo a Fabio. La pista delle sette era comunque quella buona. Anche l’antropologa Cecilia Gatto Trocchi, finita qualche anno dopo stranamente suicida, conferma a Tollis i suoi timori: è certamente satanismo acido, ma ciò che desta preoccupazione è il fatto che Fabio non abbia lasciato detto di non cercarlo più e di lasciarlo in pace, come invece si usa fare quando si abbandona tutto per unirsi ad una qualsivoglia setta.
Puntate successive di Chi l’ha visto danno il via ad altre segnalazioni di avvistamento, tutte infondate.
La scomparsa improvvisa di una persona porta con sé molti problemi: Fabio Tollis riceve così la chiamata alla leva. Non presentandosi al distretto militare il giorno 31 maggio 2001, viene dichiarato renitente.
Passano sei lunghi anni, vuoti, sostanzialmente senza novità rilevanti, fino a sabato 24 gennaio 2004.
La svolta. Caccia alla Volpe
Michele sta guardando il Tg3 delle 23 e apprende del delitto di Golasecca, della morte di Mariangela Pezzotta per cui vengono fermati Andrea Volpe ed Elisabetta Ballarin. Volpe nome ben noto a papà Tollis. Iniziano a girare gli ingranaggi nel suo cervello, sempre in azione. Domenica 25, a caserma appena operativa, chiama i carabinieri di Somma Lombardo, parla con il maresciallo Segreto. Il Volpe è proprio quello che conosce lui. Allora ha molte cose da dire. Ma non è che viene sentito subito, no, ma che scherziamo? Con tutta calma il giorno successivo, alle due del pomeriggio, dopo il caffè.
La morte di Mariangela certo non è un caso. Michele ci rimugina su tutta la notte. Lunedì, sotto una nevicata che forse tutto voleva purificare, si reca in caserma col figlio Giuseppe. Vengono ascoltati subito? Ma assolutamente no! Vengono tenuti in sala d’attesa per oltre un’ora e mezza. Certo, c’era un gran movimento di gente, ma forse loro meritavano qualche riguardo in più.
Michele esprime tutti i propri dubbi e convinzioni al maresciallo. Mostra i tredici nomi della lista degli “amici” di Fabio.
«Torni tra un paio di giorni, così parla con qualche investigatore». Massì, senza fretta.
Troverà poi ad ascoltarlo il tenente Enzo Molinari, dei carabinieri di Varese, il tenente colonnello Russo, il maggiore Catalano, il maresciallo Notaro ed il brigadiere Cavallo.
Ha con sé un voluminoso fascicolo in cui sono raccolti i frutti delle sue minuziose indagini sulla scomparsa, risalente a sei anni prima, di suo figlio Fabio e della sua amica Chiara Marino.
Nel suo fascicolo i nomi ci sono tutti. Oltre a quelli di Andrea Volpe e Nicola Sapone ci sono anche quelli di Paolo leoni, Eros Monterosso, Mario Maccione, Marco Zampollo e Pietro Guerrieri.
Michele racconta tutto e si dichiara disponibile a mettere tutto nero su bianco. Consegna anche la cassetta con registrate tutte le puntate di Chi l’ha visto, quelle con le canzoni degli Infliction, un’intervista a Fabio, Chiara e Leoni in sala prove, di Maccione da solo e con Fabio.
Il tenente mostra una foto di Sapone: «Lo ha mai visto?».
Si interrogano su cosa possa essere successo a Golasecca, località il cui nome è già tutto un programma. «L’hanno attirata là non per caso. Le hanno sparato in bocca, per non farla parlare o per punirla per averlo fatto. La Pezzotta probabilmente sapeva cos’è successo a Fabio e Chiara. Sicuramente sono stati ammazzati e buttati in un fosso». Considerazioni degne del miglior profiler, come si usa dire oggi. Fatte però da un padre, che andava ascoltato subito.
La dichiarazione spontanea di papà Tollis verrà presentata al sostituto procuratore dottor Tiziano Masini con la richiesta di riaprire le indagini sulla scomparsa di Chiara e Fabio.
Verso metà di febbraio si vede di mettere in piedi un’altra puntata di Chi l’ha visto per disorientare i sospettati e magari fargli commettere qualche passo falso. E’ Michele a darsi da fare per rintracciare tutta l’allegra combriccola. Più o meno tutti fanno gli offesi e si rifiutano di prendere parte alla trasmissione. E’ la puntata dell’ 8 marzo 2004, durante la quale papà Tollis afferma che il figlio apparteneva ad una setta satanica, mentre sfilano le foto degli “amici”, solo con i nomi di battesimo, senza cognomi. Gli allegri ragazzotti iniziano ad agitarsi. Il 26 marzo viene arrestato Nicola Sapone per l’uccisione di Mariangela Pezzotta.
Passano ancora alcuni giorni di stallo apparente, poi venerdì 4 giugno Michele viene chiamato sul lavoro dal tenente Molinari: «Torni a casa».
Davanti al tavolo di cucina, dove la famiglia Tollis mangiava solitamente, Molinari dà una terribile notizia: «Tollis, abbiamo portato a termine quell’indagine…Purtroppo è finita nel peggiore dei modi. Fabio e Chiara sono stati uccisi e seppelliti (esattamente come aveva previsto un padre di famiglia che decisamente ne sa molto più di certi inquirenti. n.d.r.). Li abbiamo recuperati. Volpe ha indicato il luogo».
Fine dei giochi
Un urlo. Quello della mamma di Fabio. Di dolore, ma forse anche liberatorio.
«Per alcuni giorni abbiamo cercato di capire dove fosse il posto esatto, perché in sei anni (già, sei anni. n.d.r.) il sottobosco si è modificato. Abbiamo anche temuto che il luogo non fosse quello. Poi qualcuno ha pensato di utilizzare una miniescavatrice per liberare il terreno dalle foglie. Allora i cani si sono messi a raspare, a guaire. Poi, quando il terreno è stato liberato, i mugolii sono diventati latrati», precisa il maresciallo Notaro.
Da quel momento si scatena un vero e proprio putiferio mediatico, a livello nazionale e non solo e privato in casa Tollis.
Michele non si ferma di certo. Deve capire come sono andate esattamente le cose, per poter poi denunciare pubblicamente l’esistenza delle sette sataniche. Non si sottrae a nulla, come il resto della famiglia, neanche al triste rito del riconoscimento, presso l’Istituto di Medicina Legale di Milano.
«Hanno aperto la cerniera della sacca. Mio figlio era lì, oltre quel vetro, a un metro da me. Del ragazzo di oltre un metro e ottanta ne rimaneva un metro o poco più. Mummificato, poiché Chiara era rimasta sopra di lui nella fossa, aiutando così il corpo di Fabio a conservarsi (Fabio che l’aveva difesa, a costo della propria vita, era stato in un certo qual modo ricambiato da lei, dal suo stesso corpo. n.d.r.). Il viso era integro fino agli zigomi, poi spariva. Dei suoi lunghi capelli rimaneva appena qualche ciuffo. Il torace era ancora pieno, con il suo giubbetto chiodo a cui teneva tanto. Parte dei pantaloni, gli anfibi. Era lui. La mattina del funerale l’ho ricomposto col silicone con l’aiuto di un infermiere. L’ho baciato, mentre mi pareva di sentirgli dire: “Pà, vado a mangiare la pizza con gli amici”».
Ricordi di un Procuratore
Ricorda Tiziano Masini, sostituto procuratore di Busto Arsizio: «Il collegamento con la tragica storia dei due giovani allora scomparsi nasce, poco dopo la pubblicazione sui giornali e la diffusione attraverso i media dell’omicidio di Mariangela, grazie all’immediato interessamento di Michele Tollis: è lui il primo a segnalare che nel gruppo di Milano, tra gli amici del figlio e di Chiara Marino, c’erano anche Andrea Volpe e Nicola Sapone. Quando Tollis ci investe, noi stiamo ascoltando i dialoghi intercettati nelle case circondariali di Busto Arsizio e Monza e apprendiamo che quella notte allo chalet è andato anche Sapone, che ha aiutato Volpe ad Elisabetta a portare il corpo di Mariangela nel capanno dove poi è stata trovata morta; stiamo percependo che dietro la soppressione della ragazza si nasconde una turpe, latente ispirazione satanica, che via via emerge dalle simbologie e dal significato attribuito a oggetti o animali apparentemente “neutri” e che invece risultano ammantati di esoterico, una sorta di amuleti o talismani».
Finalmente si cominciano ad aprire gli occhi. Se non fosse stato per papà Tollis, uno più due non avrebbe certo fatto ancora tre.
«Viene allora naturale intuire che tra le due vicende possa esserci una seria, terribile connessione. Anche dietro la scomparsa di Chiara e Fabio, di cui ancora non si sapeva nulla, c’è quel torbido alone demoniaco che traspare dagli arcani scritti lasciati dai due ragazzi poco prima di far perdere le tracce».
Ma ancora non si sarebbe giunti a nulla, se le acque non fossero state smosse dalla puntata di Chi l’ha visto, fatta sulla base dei fatti denunciati dai Marino/Tollis.
«Devo confessare che nei giorni successivi avevo due sensazioni contrastanti: Da una lato la convinzione dell’esattezza del percorso investigativo, dall’altro la percezione che forse non saremmo mai giunti ad accertare quanto realmente successo».
I giovinastri all’inizio si mostrano indifferenti, persino offesi. Sembrano sicuri. La cosa strana, a parere di chi scrive, è la precisione con cui ricordano anche dopo sei anni. Pare proprio una storia imparata a memoria, da recitare all’occorrenza. Con dei “non ricordo” strategici.
Impressionante un’affermazione fatta da Andrea Volpe durante un colloquio con il padre, intercettato in carcere: «Perché una volta (Michele Tollis, n.d.r.) mi ha chiesto, io gli ho detto: “Non mi sembra giusto che…”, scusa, stava accusando i miei amici, che…che l’hanno…l’hanno aiutato a cercare suo figlio».
E non solo: «Vabbè, allora io…io potrei accusare anche lui, io potrei dire, a quel punto, pà, io, io son così, eh, se tu mi accusi, una cosa che non è vera, io dico che tu sei il capo di sta cosa, eh, pà, cosa devo dire? A…A quel punto a chi credono? Credono a me o credono a lui?», riferendosi alle affermazioni di papà Tollis.
Spaventoso. E per gente di tal fatta si pensa davvero ad una possibile redenzione? A costo di sembrare eccessivamente lombrosiana, seriamente ne dubito.
Il 17 maggio Volpe, piuttosto sconvolto dalla puntata di Chi l’ha visto, chiede con urgenza di essere interrogato. Spaventoso ciò che racconterà, durante ore di interrogatorio. Afferma inoltre di essere in grado di condurre gli inquirenti su luogo dove sono seppelliti Fabio e Chiara.
Questa spaventosa vicenda poteva dirsi conclusa, ma «Restano quelle morti sospette, quelle sparizioni incomprensibili, quei fascicoli accatastati negli armadi metallici».
Queste le considerazioni conclusive di Tiziano Masini.
Morti sospette, sparizioni incomprensibili. Già.
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