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Immagine del redattore Paola Annita Pagliari

Chi è quel prepotente?


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Chi è quel prepotente



Eh! eh! che novità è questa?






chi è quel prepotente che non vuol ch’io sposi Lucia?



Che? che? che?






Oh raga, lo dovevate vedere! Balbettava, l’ho preso di sorpresa, stava con un volto fatto in un istante bianco e floscio, come un cencio che esca del bucato. E, pur brontolando, ha spiccato un salto dal suo seggiolone, per lanciarsi all’uscio. Ma io, che mi aspettavo quella mossa, e stavo all’erta, vi sono balzato prima di lui, ho girato la chiave, e se la sono messa in tasca.



Sempre detto che sei un grande!









Ah! ah! parlerà ora, signor curato? Tutti sanno i fatti miei, fuori di me. Voglio saperli, per bacco, anch’io. Come si chiama colui?


Renzo! Renzo! per carità, badate a quel che fate; pensate all’anima vostra.






Penso che lo voglio saper subito, sul momento





Figuratevi che, così dicendo, ho messo, forse senza avvedermene, la mano sul manico del coltello che mi usciva dal taschino….




Mado', chissà quello che paura!!!





Misericordia!





ehh sì, è proprio quello che ha esclamato esclamò con voce fioca don Abbondio !





Misericordia!





Lo voglio sapere.



Chi v’ha detto…





No, no; non più fandonie. Parli chiaro e subito.



Mi volete morto?





Uff, il solito melodrammatico!










Voglio sapere ciò che ho ragion di sapere.



Ma se parlo, son morto. Non m’ha da premere la mia vita?





Dunque parli.



Ho proferito quel “dunque” con una tale energia, il mio aspetto divenne così minaccioso, che don Abbondio non poté più nemmen supporre la possibilità di disubbidire.



guai a farti incazzare a te!!!




Mi promettete, mi giurate, di non parlarne con nessuno, di non dir mai…?






Le prometto che fo uno sproposito, se lei non mi dice subito subito il nome di colui.



A quel nuovo scongiuro, don Abbondio, col volto, e con lo sguardo di chi ha in bocca le tanaglie del cavadenti, proferì:




eddai Renzo non tenerci sulle spine....










don…






Don?




Dooonnn?????




Don? Gli ho ripetuto, come per aiutare il paziente a buttar fuori il resto; e stavo curvo, con l’orecchio chino sulla bocca di lui, con le braccia tese, e i pugni stretti all’indietro...




Don Rodrigo!





pronunziò in fretta il forzato, precipitando quelle poche sillabe, e strisciando le consonanti, parte per il turbamento, parte perché, rivolgendo pure quella poca attenzione che gli rimaneva libera, a fare una transazione tra le due paure, pareva che volesse sottrarre e fare scomparir la parola, nel punto stesso ch’era costretto a metterla fuori.








Ah cane! E come ha fatto? Cosa le ha detto per…?



Come eh? come?






rispose, con voce quasi sdegnosa, don Abbondio, il quale, dopo un così gran sagrifizio, si sentiva in certo modo divenuto creditore.













Come eh? Vorrei che la fosse toccata a voi, come è toccata a me, che non c’entro per nulla; che certamente non vi sarebber rimasti tanti grilli in capo





E qui si fece a dipinger con colori terribili il brutto incontro; e, nel discorrere, accorgendosi sempre più d’una gran collera che aveva in corpo, e che fin allora era stata nascosta e involta nella paura, e vedendo nello stesso tempo che io, tra la rabbia e la confusione, stavo immobile, col capo basso, continuò allegramente:


avete fatta una bella azione! M’avete reso un bel servizio! Un tiro di questa sorte a un galantuomo, al vostro curato! in casa sua! in luogo sacro! Avete fatta una bella prodezza! Per cavarmi di bocca il mio malanno, il vostro malanno! ciò ch’io vi nascondevo per prudenza, per vostro bene! E ora che lo sapete? Vorrei vedere che mi faceste…! Per amor del cielo! Non si scherza. Non si tratta di torto o di ragione; si tratta di forza. E quando, questa mattina, vi davo un buon parere… eh! subito nelle furie. Io avevo giudizio per me e per voi; ma come si fa? Aprite almeno; datemi la mia chiave.



Posso aver fallato, - posso aver fallato; ma si metta la mano al petto, e pensi se nel mio caso…


gli ho risposto, con voce raddolcita verso don Abbondio, ma nella quale si sentiva il furore contro il nemico scoperto. Così dicendo, m’ero levata la chiave di tasca, e andavo ad aprire. Don Abbondio mi venne dietro, e, mentre i giravo la chiave nella toppa, mi si accostò, e, con volto serio e ansioso, alzandomi davanti agli occhi le tre prime dita della destra, come per aiutarmi anche lui dal canto suo


giurate almeno…






Posso aver fallato; e mi scusi,



gli ho detto poi, aprendo, e disponendomi ad uscire.






Cazz Renzo, mi stai facendo venire i brividi!!!





Giurate…






replicò don Abbondio, e intanto mi afferrava il braccio con la mano tremante.











Posso aver fallato,




ho ripetuto, sprigionandomi da lui; poi sono partito in furia, troncando così la questione, che, al pari d’una questione di letteratura o di filosofia o d’altro, avrebbe potuto durar dei secoli, giacché ognuna delle parti non faceva che replicare il suo proprio argomento. Comunque guardate il video. Ho ripreso tutto!

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